FPT Industrial al vaglio della Tata
La scintilla è partita dalla Reuters e si è diffusa a macchia d'olio: FPt Industrial e Iveco passeranno sotto l'ombrello di Tata Motors?

FPT Industrial e Tata, sarà questo il binomio dell’estate 2025? Quando nel settembre del 2019 varcammo la soglia di Wall Street, in occasione del CNH Industrial Capital Markets Day, non potevamo sapere che sarebbe stato lo sposo, ma che l’operazione fosse propedeutica a nuove nozze non ci lasciava certamente meravigliati. Partiamo da una certezza: Iveco è il più piccolo dei costruttori automotive heavy duty dello scacchiere europeo. FPT è parte del Gruppo Iveco. L’annuncio delle possibili nozze non stupisce, sarebbe un atto quasi dovuto. Meno chiara è l’identità del promesso sposo.
Tra i vari spasimanti orientali sarà Tata a strappare il sì di FPT?
Delle avance a Iveco e FPT Industrial si è fatto un gran parlare e quello di Tata non è certamente il primo nome emerso tra le cosiddette tigri asiatiche. Era l’inverno di appena quattro anni fa, quando il Governo Conte Bis si avvalse della Golden Power per respingere l’assalto della cinese FAW. Da circa un annetto è invece Hyundai l’asso di briscola che i cosiddetti bene informati considerano in pole position per aggiudicarsi la triangolazione camion-autobus-motori industriali di viale Puglia a Torino.
Le logiche che sovrintendono questa operazione sono di natura strategica e impattano sul mondo delle applicazioni stradali. Iveco potrebbe rivelarsi un vaso troppo fragile tra vasi aggressivi e spesso interconnessi (basti pensare all’accordo tra Volvo e Daimler, che prende il nome di CellCentric e alle sinergie intra-gruppali di Traton). Per Tata, o chi per lei, sarebbe una ghiotta opportunità per sbarcare sul continente europeo con una rete commerciale e di assistenza collaudata e capillare. e Per FPT Industrial?
Tata è un’antica conoscenza della famiglia Agnelli, anche in ragione dell’amicizia tra Ratan Tata e Giovanni Agnelli. A proposito di motori, il Multijet è al centro di un accordo di partnership e produzione in loco, cioè negli stabilimenti Tata in India. E cosa c’entrano i motori industriali? FPT potrebbe essere scorporata e venduta separatamente oppure resterebbe legata alla casa madre, essendo la fautrice dei propulsosi sotto le calandre e i cofani dei veicoli commerciali (Serie Sofim, NEF e Cursor)? Può forse far gola l’e-plant, che al momento paga le riserve del mercato sull’elettrificazione delle applicazioni industriali e potrebbe trovare nuova linfa, tanta linfa, nel mercato interno indiano, sollecitato dagli incentivi di Nuova Delhi?

È presto per fare delle congetture. Non è certo una novità che la famiglia Agnelli-Elkann intenda liberarsi del fardello manifatturiero automotive, come dimostra l’operazione Stellantis. Accontentiamoci di fare un passo alla volta, in attesa di una replica di Exor, che controlla il gruppo torinese.