Ascomac Unimot ed il Seatec sembrano una coppia inseparabile. Seatec è il palcoscenico ideale per la rappresentazione dello shipbuilding a impatto zero e per la riduzione dell’inquinamento. Ascomac ha presentato il suo punto di vista sulle “Nuove frontiere per la riduzione delle emissioni”.

A FINE 2018 ASCOMAC PARLAVA DI SOSTENIBILITA’ CIRCOLARE

Ascomac e Seatec hanno gli occhi puntati sulla prossima svolta

La premessa del discorso presentato al Seatec è stata quella relativa all’anima conservativa della costruzione navale. Solitamente refrattaria alle accelerazioni nelle innovazioni. I due principali punti di svolta nell’evoluzione del settore sono stati il ​​passaggio dal carbone ai combustibili liquidi e dalla chiodatura alla saldatura. Ci aspettiamo quindi, sulla base di quanto emerso dalla conferenza, che il prossimo decennio porterà il terzo grande cambiamento. In particolare, stiamo parlando delle diverse possibilità derivanti dai combustibili alternativi. Partendo dalla nautica commerciale e arrivando passo dopo passo anche al diporto.

Ascomac Seatec

Alcuni suggerimenti per le soluzioni più facilmente sviluppabili sono emersi durante la conferenza. Per fare alcuni esempi: gas liquefatto, Gpl, metanolo, Fame (esteri metilici di acidi grassi prodotti da oli vegetali e animali o da residui), gas sintetici, Rme (Raps estere metilico) e Dme (l’etere dimetilico). È vero, però, che ci siano ancora alcuni problemi tecnici da affrontare quando si parla di una transizione verso carburanti meno meno disciplinabili e più vulnerabili del gasolio per quanto riguarda le procedure di stoccaggio e di sicurezza. Uno dei punti trattati riguarda il Codice Igf, secondo il quale il punto di fiamma non deve oltrepassare la soglia termica dei 60 gradi (Pi > 60°).

Ascomac pensa anche alle batterie

Uno sguardo è andato anche allo stato dell’arte delle batterie. Gli ioni-litio si confermano tanto nel lusinghiero rapporto peso-potenza (la densità energetica è pari a 125-200 Wh/Kg, contro i 50-100 Wh/Kg del Nichel Metallo Idruro, rapporto che scende a 50-80 per il Nichel-Cadmio) quanto nell’instabilità.

Cosa fare in questo caso? Grimaldi, per fare un nome di rilievo, non si lascia destabilizzare dall’instabilità della tecnologia agli ioni-litio e sta attrezzando traghetti ibridi per l’alimentazione elettrica all’interno delle aree portuali.

Il caso Mtu

Durante l’incontro sono stati presentati due casi studio importanti: Mtu e Volvo Penta (di cui discuteremo di seguito). La sintonia dei tedeschi con la causa dell’Scr dipende anche dall’intenzione di creare una piattaforma tecnologica coerente per l’intera gamma. Il post-trattamento può essere disattivato al di fuori delle aree Eca, con economie di scala che beneficiano di un minore consumo di fluido e di una ridotta usura del sistema. Inoltre, l’urea tecnica è compatibile con i carburanti diesel ad alto tenore di zolfo. I motori Mtu non hanno avuto problemi durante il passaggio: alcuni interventi, come la modifica dei soffianti, non hanno inciso sulla contropressione, settata a 85 millibar. È previsto anche un doppio sensore per il NOx.

Il caso Volvo Penta

Anche Volvo Penta ha creduto all’Scr, sull’onda lunga delle esperienze sviluppate in seno al Gruppo Volvo (l’impronta stradale pare evidente). In prima battuta perché non incide sui parametri termodinamici e, essendo posizionato a valle del processo di combustione, consente di non alterare l’efficienza in camera. Il catalizzatore è posizionato al di sopra del motore, il serbatoio nella parte anteriore.

Volvo ha dichiarato pubblicamente di voler fornire soluzioni elettrificate a partire dal 2021, sia nel settore marino che in quello industriale. Nel frattempo, i primi progetti pilota sono già in corso d’opera per accelerare il raggiungimento dell’obiettivo.

VOLVO PENTA HA DATO NUOVA VITA AI PROPRI D4 E D6

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