Confronto tra compatti: da 3,6 a 3,9 litri
In questo confronto tra compatti per applicazioni off-road, abbiamo deciso di escludere i 3,4 e accorpare i 3,6 e i 3,8 litri. A questo punto, come ignorare il 3,9 di Deutz e John Deere?

Sezionare i range di cilindrata in modo chirurgico è un’operazione più complicata oggi che nel passato. La possibilità di intervenire sui sistemi di controllo elettronico consente a motoristi ed Oem di manipolare il profilo delle curve al di là della inerziale capacità meccanica della cubatura. In questo confronto tra compatti, abbiamo deciso di escludere i 3,4 e accorpare i 3,6 e i 3,8 litri. A questo punto, come ignorare il 3,9 di Deutz e John Deere? Seppure acceleri sensibilmente l’arrampicata sulla curva di potenza, questo motore si trova a una manciata di centimetri cubici dal resto del gruppo.

Confronto tra compatti, Deutz, John Deere e Cummins sul podio
Cominciamo dunque proprio dal motore che, all’ombra della cattedrale di Colonia, affiancherà il TCD3.6 e che potrebbe fagocitare il TCD4.1. Il 3,9 litri riesce nell’impresa di potenziare il 3,6, che rimane uno dei fiori all’occhiello del listino Deutz e convivrà ancora a lungo, e di sostituire progressivamente il 4,1 litri. La base meccanica ed elettronica consente a Colonia di allestirlo in formato powergen, con una potenza prevista di 100 kVA, con la quale presidierà un nodo strategico e abbraccerà segmenti finora inesplorati per Deutz.
Il gemello in verde, a firma di John Deere Power Systems, a gennaio ha annunciato la marinizzazione di due cavalli rampanti della scuderia, il 14 e il 18 litri (il JD18 è stato eletto Diesel of the year nel 2021). L’intervallo di potenza, nella fascia apicale dell’offerta di John Deere, è così segmentato in modo più regolare, da 298 a 599 chilowatt. Questo motore dispone di un treno di ingranaggi posteriore che permette alla presa di forza di attingere a una potenza maggiore. Il JD4, come si manifesta nella tassonomia americana, contempla intervalli di manutenzione dei fluidi da 750 a 1.000 ore. Un altro elemento di innovazione riguarda i regolatori idraulici (Hla) che semplificano la manutenzione, eliminando la manutenzione del gioco delle valvole.
A tallonare da vicino Deere e Deutz troviamo Cummins. L’F3.8 ha giocato d’anticipo, in questa rincorsa alla densità di potenza. Risale al 2019 la genesi del progetto “Performance Series”, che investe anche il 3,75 litri, passato da 97 a 129 chilowatt, guadagnano addirittura il 33%, rispetto alla originaria edizione Stage V. La revisione del pacchetto emissioni ha comportato l’espianto dell’Egr e un modulo singolo per i dispositivi a valle. Una soluzione che riguarda B4,5, B6,7 e L9, tutti fin da allora congegnati per l’installazione per oltre il 70%, inclusi post-trattamento, sistema di raffreddamento, tubi flessibili, filtro dell’aria e kit di montaggio.
Perkins e Kioti
Questo confronto, che manca da diversi anni, trova linfa anche dalla vitaminizzazione delle curve del 904J di Perkins. Quello che fu in origine battezzato Syncro calca le scene da un decennio. A Peterborough hanno alzato l’asticella della potenza del 6%, con 106 kW a 2.220 giri e 566 Nm, con un balzo di circa 12 punti percentuali. Hanno messo mano al design, intervenendo sul post-trattamento Emat (Engine mounted aftertreatment), che ridimensiona il packaging dell’Scr e posiziona il modulo sempre a castello sul motore, ma riducendone l’impatto volumetrico. La flessibilità investe anche il posizionamento della pompa del combustibile, il volano e le prese di forza.
La new entry, invece, si chiama Kioti, è commercializzata in Italia da Pitteri Violini e si propone come top di gamma. Nel più classico filone onomastico del Far East, il motore è identificato con una sigla: 4J383TA. Anche in questo caso, il costruttore coreano è riuscito a imprimere grinta al monoblocco, che si dimostra competitivo, con 104,5 chilowatt e 540 Nm. Il 3,83 litri risulta penalizzato dal peso, che incorpora però esplicitamente il modulo Scr, volano e ventola. Il 4J380 si trova sotto i cofani dei trattori Kioti e si presenta come l’asso di briscola per sparigliare le carte sul tavolo dei costruttori europei.
Le giapponesi Yanmar e Kubota
Scalando a livello geografico, dalla penisola coreana ci imbarchiamo per l’isola giapponese di Honsu. Si replica l’eterno duello tra Yanmar e Kubota. La prima ha svelato i tratti del 4TN101 all’Intermat del 2018, mentre alla edizione del bauma appena consegnata agli archivi è stata la volta della versione a idrogeno. Yanmar prosegue nella scelta del ricircolo raffreddato, che interviene sulla miscela in camera di combustione e contribuisce a moderare la detonazione e il punto di fiamma. L’alchimia, per evitare il rischio trade-off, è il bilanciamento con la quantità di urea tecnica erogata dagli ugelli dell’Scr. Il risultato è all’altezza delle aspettative: la potenza è di 105 chilowatt, per 550 Nm, appena 100 Nm in meno a 1.000 giri.
I dirimpettai di Kubota, da lepri si ritrovano nel ruolo di inseguitori, incalzati da una concorrenza ormai plafonata sopra i 100 kW. La stessa Yuchai da anni si è proposta con un 3,6 da 103 kW e 600 Nm. L’F36 di FPT Industrial si distingue per la riserva di coppia e la coppia disponibile a potenza massima, che potete trovare sulla pala gommata 421G di Case CE. Ci soffermiamo in Italia, a Treviglio, casa natale di SAME. Per assorbimento puramente captive, i 2,9 e 3,8 della famiglia Farmotion sono prodotti anche a Bandirma, in Turchia, dove SDF vanta una presenza significativa. Lo stabilimento di 10.000 metri quadri sul Mar di Marmara è stato inaugurato nel maggio 2024, per la produzione dei FARMotion e per le lavorazioni meccaniche.