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Un comparto altamente strategico per il Paese, quello dei data center, che potrebbe valere fino a 15 miliardi di euro di investimenti entro il 2025, secondo l’Osservatorio Data Center del Politecnico di Milano. Secondo gli esperti Milano potrebbe diventare una delle cinque top destination a livello europeo per questo settore. Così vanno inquadrate le linee guida per le procedure di valutazione ambientale dei data center pubblicate dal Mase, Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, e adottate a fine agosto tramite il Decreto n. 257 del 02/08/2024. Un primo passo, appunto, perché in Italia manca ancora una legislazione ad hoc, tanto che oggi queste infrastrutture non hanno né un codice Ateco né una definizione di categoria urbanistica standard, anche se generalmente vengono assimilate nella destinazione produttiva.

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Le nuove linee guida – che non sono leggi – specificano quali delle procedure esistenti si debbano applicare ai centri dati che hanno generatori di emergenza con potenza termica complessiva superiore a 50 MW.

È questo il punto – la presenza dei generatori di emergenza – che fa scattare l’adesione alle linee guida”, spiega l’avvocato Silvia Gnocco, partner di Studio Inzaghi. “Nel calcolo degli impatti ambientali dell’infrastruttura, la documentazione per la valutazione ambientale deve quindi tenere conto non solo dei generatori che entrerebbero in esercizio in caso di malfunzionamento della linea, ma anche delle unità di riserva, che vengono però attivate solo in casi eccezionali. In generale, i generatori di emergenza vengono calcolati come se funzionassero sempre a pieno regime”.

Per un operatore, le strade sono due: la verifica di assoggettabilità alla Valutazione integrata ambientale (Via) se la potenza dei generatori di emergenza è compresa fra i 50 e i 150 MW, oppure la Via, se la potenza è superiore a 150 MW. Questa documentazione, la cui valutazione è di competenza statale, va acquisita prima del rilascio di ogni altra autorizzazione e deve integrare le indicazioni che le linee guida fanno emergere.

Data center, i dettagli delle linee guida

Molti i criteri da tenere in considerazione: dal calcolo degli impatti sul territorio (consumo di suolo e di acqua), a quelli sulla salute umana, sulla biodiversità, sul patrimonio culturale e sul paesaggio. Per quanto riguarda la localizzazione del data center, le linee guida sottolineano di dare priorità ai siti dismessi o alle aree brownfield. Per la realizzazione delle infrastrutture vanno scelte le tecnologie che assicurano il minor impatto ambientale disponibile alla presentazione del progetto, oltre a prevedere l’autoproduzione di energia da fonti rinnovabili tramite impianti fotovoltaici su tetti, tettoie e parcheggi. Va privilegiato il recupero dell’acqua per il raffreddamento degli impianti e la geotermia per il condizionamento degli spazi.

Fra gli ultimi a fornire un esempio di circolarità delle risorse e di generazione di impatto positivo sulle comunità è l’operatore Equinix. Con il suo programma Heat Export, lanciato a luglio, invita le autorità pubbliche, le società di servizi energetici e gli operatori di reti di calore di tutto il mondo ad aderire e collaborare. Fra le ultime realizzazioni, l’esportazione di calore del suo ultimo data center di Parigi (nella foto ), il PA10 e il suo trasferimento nella zona di sviluppo urbano Plaine Saulnier e nel Centro Acquatico Olimpico.

Data center, la questione delle tempistiche

Le linee guida sono un segnale molto positivo per un settore che aspettava da tempo di vedere più chiare le procedure, sia dal punto di vista degli operatori, sia da quello delle amministrazioni, che così hanno uno strumento standardizzato per valutare i progetti”, commenta Marina Natalucci, direttrice dell’Osservatorio Data Center del Politecnico di Milano.L’obiettivo deve essere far costruire data center sostenibili e avere capacità di verifica dei requisiti lungo tutto il loro ciclo di vita, ma senza rallentare il settore”.

Continua Gnocco: “La preoccupazione dell’operatore non è lo scrutinio del ministero dal punto di vista ambientale, perché sono strutture moderne e attente alla massima tutela ambientale, ma le tempistiche della procedura, che rischiano di rallentare l’acquisizione delle restanti, tra cui il permesso a costruire”.

Il presidente di Ida (Italian Datacenter Association) Sherif Rizkalla rileva che “l’uniformità, la semplificazione e la trasparenza delle regole rappresentano un vantaggio significativo. Tuttavia, ci sono rischi legati all’implementazione pratica di queste linee guida. Se i processi rimangono senza scadenze fisse o richiedono una sequenza rigida di passaggi amministrativi, invece di consentire l’esecuzione parallela delle pratiche, potrebbero verificarsi rallentamenti che scoraggiano gli investimenti in Italia”.

Attualmente – conclude il presidente di Ida – tutti i data center di nuova generazione in Italia seguono già in buona parte le linee guida pubblicate. Il vero tema non riguarda tanto la conformità ai requisiti, quanto la necessità di semplificare e accelerare le tempistiche legate ai processi autorizzativi.

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