Ci troviamo da Oblix, Londra, al 32° piano degli 82 disponibili, lungo i 310 metri verticali dello Shard. In quella che si sarebbe dovuta chiamare London Bridge Tower c’è lo zampino di Renzo Piano. Il 12 settembre, all’Oblix la padrona di casa è stata Perkins. Esposti sopra un ripiano, la serie 2600, l’ibrido, il pacco batterie e i ricambi si riflettono sul Tamigi. È Jason Kern, direttore global marketing e channel development, a inquadrare le ragioni della nostra presenza: «Come guidare il cambiamento?». La risposta risiede nelle due parole chiave emerse durante i diversi interventi: le leve devono essere i concetti di smart e di integrazione. Ci sono altre due parole, in realtà, pronunciate da Matt Coleman, product director, per identificare la traiettoria di Peterborough nella babele della decarbonizzazione: «l’esploratore agile».

Lo sappiamo, e lo abbiamo visto nel corso degli ultimi dodici mesi, prima al Bauma Monaco, poi al Conexpo a Las Vegas, l’esplorazione di Perkins avviene principalmente su tre direttrici: le batterie, l’ibridizzazione e l’ottimizzazione dei parametri termodinamici. Nel breve periodo la risposta di Perkins alle richieste degli installatori è quella di diversificare le risposte, all’interno di un processo che progressivamente conduce all’elettrificazione. In questa direzione le intenzioni sono quelle di fornire soluzioni elettrificate per l’intera catena cinematica: «Non solo le batterie, possiamo fornire motori elettrici, inverter, sistemi e soluzioni di ricarica». Le batterie agli ioni di litio sono disponibili nelle versioni a 48, 300 e 600 volt, con un approccio modulare e sistemi di telematica proprietari per applicazioni off-road.

Il concetto di modularità si evince dalla risposta che ci è stata fornita al Bauma. «Le batterie sono progettate su base modulare per essere flessibili. La nostra offerta attuale prevede una versione da 48 Volt e 32 kWh, che vedete allo stand insieme a quella a 300 Volt da 64 kWh, ma è disponibile anche una 600 Volt da 64 kWh. È possibile utilizzare più batterie in un unico impianto, condividendo i sistemi di gestione. Possiamo aumentare il numero di batterie in un’applicazione, aumentando così i chilowattora disponibili». Una batteria da 600 Volt si presta, per esempio, all’ibridizzazione di macchine come gli escavatori di medio tonnellaggio. 

Eccola qui, l’agilità

Di fronte alla disponibilità della fonte primaria di alimentazione, per esempio un gruppo alimentato ad Hvo o metanolo, si potrebbe transitare “agilmente” all’elettrificazione completa. A proposito di ibridazione, la piattaforma è la 904, accoppiata a un gruppo motore-generatore da 20 chilowatt e alla trasmissione PG115, collegata a una batteria (5,2 kWh e 48 Volt). Una soluzione che scaturisce dalla richiesta di un Oem ed è stata successivamente presentata ad altri costruttori. È prevista una sola centralina elettronica, siglata Ecm, che controlla il motore, il moto-generatore, la batteria e la trasmissione, utilizzando un controllo software basato su un modello in tempo reale per ottimizzare il sistema ed esaminare il flusso di energia.

Riprendiamo i concetti di “smart” e “integrazione”. Perkins ha personalizzato il principio, assai in voga, di motore agnostico, applicandolo ai combustibili alternativi. «Quello che stiamo cercando di ottenere», ci dicono, «è un sistema di alimentazione che abbia le stesse prestazioni a fronte dell’utilizzo di carburanti diversi, che hanno prestazioni diverse». Da questo spunto trae origine il progetto Coeus, che si propone di ottimizzare le sezioni sensibili al delta termico, alla differente viscosità e alle variazioni in termini prestazionali dei vari combustibili biogenici e sintetici. L’obiettivo dichiarato è quello di semplificare la vita ai piccoli e medi installatori, per fornire un motore “plug&play” capace di digerire etanolo, metanolo, biometano o idrogeno. Tra l’altro, questa tendenza si concilia con un’altra insidia emergente nella decarbonizzazione, il rapporto con i distributori, proiettati nella nuova dimensione di integratori di sistema: competizione interna o collaborazione “win-win”? Secondo Perkins non c’è altra via della cooperazione. La fluidità, del resto, è intrinseca a questa fase ancora esplorativa della transizione energetica. 

In questo percorso a ritroso tra le soluzioni disponibili, ci inoltriamo nella direttrice della ottimizzazione del motore a combustione interna. Catalizzatore delle attenzioni dell’ingegneria è stato il 2606, avvistato in anteprima al Conexpo. La cilindrata da 13 litri è in fase espansiva, come dimostra la consacrazione dello Scania Next Generation DC13. Un’arena affollata, che si è ritagliata una finestra su una platea di applicazioni che spazia dalla generazione di potenza ai trattori da campo aperto, al top di gamma, ai maxi-escavatori, a certe applicazioni speciali (finitrici stradali, fresatrici a freddo, motorscraper gommati, trince ecc.). Su POWERTRAIN di novembre metteremo i 13 litri disponibili sul mercato alla sbarra del confronto. Un elemento di comparazione è dato dalla architettura del C13 Acert, di Caterpillar. Quell’esacilindrico era un 12,5 litri, in seguito ai 130 millimetri di alesaggio e ai 157 di corsa, che sul 2606J-E13TA diventano a 132 per 162 mm, corrispondenti a 12,9 litri. Insomma, una versione maggiorata e sensibilmente aggiornata. Dichiara il 20% di risparmio sul Tco, che agli utilizzatori finali certamente schifo non fa.

Riflessioni sul 12,9 litri

Le linee guida dell’ingegneria di Perkins e Caterpillar (in giallo sarà sul mercato con la sigla C13D) sono state la versatilità e la compattezza. Al Conexpo abbiamo chiaramente inteso che la densità di potenza, alla massima potenza nominale, ha alzato l’asticella del 10% rispetto al 18 litri con soffiante singolo. È presentato con un allestimento inclusivo di radiatore, volano e alternatore preassemblati. Il modulo di post-trattamento è la tecnologia Toc, disponibile all’interno del sistema. Il miglioramento dell’efficienza ha consentito elasticità nel dimensionamento in base alle prestazioni desiderate dagli installatori. Per comprimere gli ingombri, il Doc è stato innestato sul Dpf. Allo Shard la nostra guida si chiama Allen Chen, americano, Engine systems integrator engineer. Ci ha spiegato che le sfide congiunte sono la capacità di emissionare e raffinare il motore, sia in termini di upgrade tecnologici che di parametri termodinamici. In poche parole, la parabola del motore termico. Chen ci ha descritto la sfidante missione del downsizing e della traduzione del brainstorming in disegni tecnici. L’ingegneria segue questo approccio, quando disegnano un motore, un calcolo intuitivo fondato sul metodo empirico: a tentativi (“I wonder, what if, let’s try”). Una valutazione che impatta su ogni componente. Per fare un esempio, l’albero a camme: affogarlo nel basamento o posizionarlo altrove? Ogni decisione coinvolge un “villaggio” di ingegneri. 

A suo agio in alta quota

Questo motore è in grado di funzionare a 3.658 metri, corrispondenti a 12.000 piedi, il doppio dell’altezza dell’attuale 13 litri, con temperature da +60° a -40°. La segmentazione della potenza nominale prevede otto tarature, comprese nell’intervallo da 340 a 515 chilowatt (da 456 a 690 cavalli), stabili tra 1.800 e 2.100 giri, con una coppia massima fino a 3.200 Newtonmetro a 1.300 giri. La riduzione del rumore tra motore e motore, senza la ventola, è quantificata fino a tre dB. Anche le vibrazioni sono sotto controllo, tuttora in fase di monitoraggio, a quattro mani con gli Oem selezionati per la fase di messa a punto. Da segnalare anche la riduzione di oltre il 45% del numero di perdite nei giunti. Insieme ad altri miglioramenti contribuisce a una diminuzione del consumo di fluidi e a un aumento degli intervalli di manutenzione dei filtri dell’olio e del carburante. Il traguardo è quello delle 1.000 ore tra un tagliando e l’altro.

Il layout del motore vede il treno di ingranaggi anteriore traslocare sul posteriore. È lì che si trovano i momenti di inerzia e i componenti che tradizionalmente producono rumore, che sono stati smorzati. Anche la pompa del carburante ad alta pressione contribuisce alla riduzione del rumore. Ereditata dal fornitore (Perkins abitualmente si rivolge a Bosch), alimenta il common rail, con rapporto di compressione di 18:1, e ugelli di erogazione del comburente personalizzati da Perkins. Anche la turbina a geometria variabile rappresenta un’anteprima su un motore industriale di questa fascia, per l’asse anglo-americano. Il funzionamento delle palette è analogo a quello conosciuto nelle automobili, ma il funzionamento è stato adattato a un impiego fuori strada. Si ragiona di ambienti polverosi, e l’impatto sul sistema di filtrazione è all’esame dei tecnici. Certamente non è un’epifania assoluta nei cantieri, quindi non ci saranno problemi di sorta.

A prova di ogni normativa e combustibile

La serie 2600 risponde a Stage V, Tier 4 Final, Non-road IV in Cina, Stage V in Corea e 2014 in Giappone, ed è compatibile con oli vegetali al 100%, biodiesel distillato B100 e biodiesel standard fino al metilestere di acidi grassi, il cosiddetto Fame. Supportano inoltre uno sviluppo a gas naturale con accensione elettrica e idrogeno. Dopo la presentazione di Las Vegas e la messa sotto stress dei prototipi, il 12,9 litri nel 2025 dalla disponibilità dei primi esemplari, nel 2026 dalla produzione seriale.

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