E se la conversione di un bacino extraurbano al gas comportasse maggiori emissioni rispetto al mantenimento di una quota di diesel?

Ebbene sì, questo è il risultato di uno studio realizzato da un team di ingegneri e professori del Politecnico di Milano. Gli studiosi hanno provato a rispondere a uno degli interrogativi più pressanti nel mondo tpl: come orientare la strategia di transizione energetica in ambito extraurbano? Se per il Classe I il destino sembra ormai tracciato, per il Classe II il phase out del diesel dal novero delle tecnologie finanziate va di pari passo con l’inesistenza, al momento attuale, di un’alternativa tecnologica matura e affidabile. 

Oggi diesel, e domani?

Oggi c’è il diesel, per il domani ci sarebbero già pronte le trazioni a gas (con quell’Lng che non ha ancora fatto breccia…), sul dopodomani si estendono le mirabili promesse dell’idrogeno. Fare la scelta sbagliata oggi potrebbe significare sprecare denaro in infrastrutture inservibili nell’arco di solo qualche anno. In questo caso gli studiosi si sono concentrati sul bacino di Como, Lecco e Varese, su commissione dell’Agenzia locale per il tpl. Dove sussiste, è vero, una quota di servizio urbano, ma la parte del leone è giocata dalle quote di suburbano e interurbano. 

Lo status quo è costituito da una flotta di 859 mezzi con età media attorno ai dieci anni (schierati su 192 linee per poco meno di 29 milioni di chilometri di percorrenza annua). Il 99,3 per cento sono alimentati a gasolio, lo 0,6 per cento a metano. Un terzo dei bus sono Euro VI, un altro terzo sono Euro V, il restante è composto da classi tra l’Euro II e l’Euro IV. Sono due i vincoli del programma di bacino: 15 anni come anzianità massima e 7,5 anni come valore medio massimo tollerabile. Risultato? 145 mezzi con oltre 15 primavere sulle spalle sarebbero da sostituire nell’arco di un anno. Nello studio vengono confrontate una serie di strategie di rinnovo del parco mezzi con deadline al 2033. Nell’urbano se la vedono faccia a faccia cinque ipotesi, tutte finalizzate a una transizione del parco mezzi al full electric. Più appassionante la sfida nell’extraurbano, dove gli studiosi hanno simulato gli impatti economici ed ambientali di uno shift all’Lng come trazione per l’intera flotta, all’Lng accompagnato da una quota di elettrico o da una quota di diesel, o al gas naturale liquefatto (ancora lui) coadiuvato da una componente di mezzi fuel cell (…)

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